Valutazione del rischio cancerogeno

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valutazione rischio cancerogeno

Rischio cancerogeno

La legge per la protezione dei lavoratori dai rischi provenienti da agenti cancerogeni e mutageni, presenti sul luogo di lavoro, prevede che il datore di lavoro si adoperi perché l’attività lavorativa venga organizzata in modo che NON ci siano rischi per la salute o la sicurezza del lavoratore. In particolare la legge richiede al datore, per quanto possibile, una sostituzione di tali agenti con prodotti meno pericolosi.

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    Solo per quelle produzioni in cui la presenza di agenti cancerogeni è indispensabile (ad esempio l’utilizzo del benzene per la sintesi di prodotti organici aromatici) oppure nel caso in cui la presenza sia indesiderata ma inevitabile (ad esempio come la presenza di polveri di legno in attività di falegnameria) è “consentito” avere agenti cancerogeni in ambiente di lavoro e conseguentemente diventa necessaria una sua valutazione al fine della tutela della salute degli operatori.

    Identificazione del rischio cancerogeno

    Gli agenti cancerogeni e mutageni presenti in ambiente di lavoro, se acquistati, possono essere facilmente identificati dall’osservazione delle frasi di rischio presenti in etichetta e sulle schede dati di sicurezza:

    • per la normativa di classificazione, imballaggio ed etichettatura ancora in vigore per le miscele (D.Lgs 65/03) fino al 2015 troviamo: R45 (può provocare il cancro) o R49 (Può provocare il cancro per inalazione), R46 (può produrre difetti genetici ereditari)
    • Per il Regolamento CE 1272/2008, che indica i nuovi criteri di classificazione imballaggio etichettatura per le sostanze (dal 01/12/2010) e miscele pericolose (dal 01/06/2015): H350 –può provocare il cancro e H340 – può provocare difetti genetici ereditari.

    È opportuno ricordare che ci sono situazioni in cui gli agenti cancerogeni/mutageni possono trovarsi in ambienti di lavoro involontariamente, è il caso dell’emissione di idrocarburi policiclici aromatici –IPA- da conglomerati bituminosi caldi o l’emissione di polveri di legno nelle attività di falegnameria o di rifinitura parquet, o ancora in fumi di saldatura qualora si ipotizzi la presenza di Cromo esavalente.

    In tutti questi casi la valutazione del rischio e la quantificazione della reale concentrazione degli inquinanti presenti in aria è essenziale per comprendere la magnitudo del rischio e approntare le necessarie ed idonee misure di prevenzione e protezione.

    Valutazione dell’esposizione al rischio cancerogeno

    La normativa è chiara nel ritenere che elemento centrale della valutazione del rischio cancerogeno sia la valutazione dell’esposizione del singolo, come nel caso del rischio chimico ad esempio l’utilizzo di un sistema chiuso, che quindi garantisce l’assoluta assenza di contatto tra il lavoratore e la sostanza va ad abbattere il rischio professionale.

    Differisce però l’approccio sul rischio, infatti per il rischio cancerogeno viene esplicitato come il lavoratore NON deve essere esposto a rischio cancerogeno/mutageno poiché NON deve esserci emissione di questo tipo di agenti in aria. Qualora ciò non sia tecnicamente possibile (pensiamo al fumo di saldatura o alla falegnameria) il datore di lavoro dovrà adoperarsi per ridurre al valore più basso, tecnicamente possibile, tale presenza andando a realizzare delle procedure di lavoro, con misure specifiche di prevenzione e protezione, quanto più vicine alla fonte di emissione della sostanza (ad esempio: aspiratori localizzati posti in prossimità dell’emissione del fumo).

    Valutazione del rischio cancerogeno

    La valutazione del rischio cancerogeno/mutageno passa necessariamente per l’esecuzione di indagini ambientali: è necessaria la valutazione della concentrazione dell’inquinante in aria, preventivamente per comprendere se realmente ci sia la sua presenza e in che misura e, successivamente all’adozione delle misure specifiche di prevenzione e protezione, per garantire, periodicamente, che quanto è stato adottato per eliminare/abbattere il rischio cancerogeno sia realmente funzionante e operativo.

    Esito della valutazione e obblighi per il datore di lavoro

    Qualora dalla misurazione degli agenti cancerogeni/mutageni in aria emerga la loro presenza il datore di lavoro è obbligato a potenziare tutte le misure di prevenzione e protezione disponibili in commercio, partendo dalle misure collettive di tutela (prima fra tutte la valutazione se sia possibile eseguire in ciclo chiuso le operazioni di lavoro) o solo in caso tali misure risultino non adeguatamente sufficienti a garantire la tutela della salute del lavoratore allora dovranno essere adottati anche idonei Dispositivi di protezione individuale (maschere, guanti, camici, tute da lavoro,…).

    Chiaramente dovrà essere attivata la sorveglianza sanitaria dei lavoratori addetti, ad opera del medico competente, e verrà inoltre istituito un registro degli esposti, secondo quanto richiesto dalle legge, che il datore di lavoro, per tramite del medico competente, avrà cura di aggiornare con i nominativi dei lavoratori coinvolti in questo tipo di esposizione, le sostanze utilizzate ed i livelli di concentrazione ambientale rilevati in sede di monitoraggio analitico. Al termine del rapporto di lavoro sia le cartelle sanitarie di rischio che il registro dovranno essere inviate all’INAIL- settore Ricerca (ex-ISPESL) Dipartimento di Medicina del Lavoro, in cui verranno custoditi per 40 anni.

    Il datore di lavoro dovrà inoltre garantire la formazione ed informazione del personale in merito al rischio cancerogeno, ripetendola almeno OGNI CINQUE ANNI.

    La valutazione del rischio deve essere, per legge, eseguita nuovamente ad ogni modifica del ciclo produttivo e comunque OGNI TRE ANNI.